PREMESSA
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Quando sono nata mio padre aveva cinquant’anni: una vita dietro le spalle.
Io, come tutti i giovani con un’esistenza davanti a sé, non davo molta importanza al passato e mi pareva che papà dovesse essere sempre stato cosi come l’ avevo conosciuto.Quando mi raccontava di fatti e persone del suo passato io li collocavo inconsciamente in un tempo indefinito, senza collegarlo al momento presente.
Il ricordo che mi ha lasciato, è stato più quello del pittore che del padre e dell’uomo. Pensando a lui lo rivedevo nel suo studio con la bella testa di capelli bianchi l’espressione energica e serena mentre dipingeva ascoltando musica.
Ora, dopo tanti anni che non c’è più e anch’io ho una vita dietro le spalle, il tempo ha assunto per me una diversa dimensione e, la sua figura, invece di allontanarsi nel ricordo si è sempre più avvicinata fino a divenire una presenza costante nella mia vita.
Così, quando ho iniziato a riordinare i suoi lavori sono affiorati anche i ricordi, nelle sue lunghe lettere alla famiglia scritte da Buenos Aires e dalla trincea della Grande Guerra, nelle piccole agende con minute annotazioni di spese, impegni, pensieri, nelle vecchie fotografie logore e ingiallite, ho ritrovato gli avvenimenti e le persone di cui raccontava e che avevano a poco a poco formato l’uomo che era diventato mio padre.D’anno in anno, a ritroso, ho ripercorso il cammino della sua vita fino ad arrivare ad un ragazzo di sedici anni che, nel lontano 1903, dalla piccola Grugliasco andò a Torino ad iscriversi all’Accademia Albertina delle Belle Arti perché voleva fare il pittore.

Marialuisa Arduino

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